La tassa successione è contro il mondo agricolo.

Il mondo agricolo non ha gradito la proposta di alcuni esponenti dell’ulivo di ripristinare la tassa successione. Non ha gradito perché sente sulle proprie spalle il peso di questa tassa, e cercherò di spiegare perché.
Il capitale (la terra) è per l’agricoltore la condizione preponderante per svolgere la propria professione. La terra ha la caratteristica di essere però un bene limitato, e pertanto ha un valore che è costantemente in crescita; al contrario l’introito, il guadagno che la terra è in grado di dare è in costante discesa.
Facendo un esempio concreto, una piccola azienda risicola della superficie di circa 40 ettari e del valore commerciale di circa 1000.000 di euro rende circa 20.000 euro all’anno, il 2 % del capitale investito. E’ evidente come sia necessario creare una distinzione con il mondo industriale, dove un milione di euro rende ben altre cifre. Inoltre sarebbe utile capire su di un patrimonio di questo tipo a quanto ammonterebbe la tassa successione, che a mio modo di vedere non sarebbe mai inferiore al 10 % del capitale, quindi in questo caso non meno di 100.000 euro. Ho ragione di credere che per le situazioni non di stretta parentela (anche tra zio e nipote) si potrebbe arrivare anche fino ad una tassazione del 25 % sul valore del capitale.
La tassa successione non è democratica, e va a gravare pesantemente su alcuni settori come quello agricolo, ostacolando la continuità aziendale, che è da sempre uno dei pilastri fondanti del nostro tessuto economico e produttivo.
Il fatto mette anche tristemente in luce la continua e pressante avversione di alcuni partiti nei confronti della proprietà privata, e questo rappresenta sinceramente un passo indietro.

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