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8000 fallimenti nel 2014 in Italia. il lavoro è solo articolo 18?

Numeri pazzeschi arrivano nell’Italia affosata dalla crisi e dal malgoverno. Si, malgoverno e malapolitica.
Le aziende italiane chiudono con una frequenza imbarazzante e la politica non sembra nemmeno accorgersene.
Eppure su 8000 aziende quanti erano i lavoratori impegnati, i lavoratori che traevano il sostentamento per le proprie famiglie in queste attività? 10000? 15000? 20000? Questo protrebbe essere il numero di famiglie rimaste senza lavoro. A quanto pare però la politica non si preoccupa di loro. La politica pensa esclusivamente all’articolo 18 e ai privilegi di chi il lavoro ce l’ha. Meglio continuare a tutelare i privilegi di chi non ha nemmeno la dignità di impegnarsi nel lavoro che svolge che pensare di alleggereire la pressione sulle aziende per salvarle dalla chiusura.

Ha ancora senso per un’azienda mantenere la produzione in Italia?

Lo spunto per questa riflessione mi viene dato dall’annucio di chiusura dell’impianto Alcoa di Portovesme in Sardegna. Alcoa è un’azienda americana e a Portovesme sostiene di avere un costo di produzione dell’alluminio che non è più competitivo e quindi sostenibile.
Il problema quindi è sempre lo stesso, i costi di produzione che uniti alla burocrazia e a tutta quella serie di difficoltà che le imprese incontrano per produrre in Italia creano un mix assurdo che sta facendo scappare tutte le aziende.
E’ lecito chiedersi se esista anche una sola ragione che possa spingere un’azienda a mantenere la produzione in Italia. E’ legittimo inoltre chiedersi se le misure adottate dagli ultimi governi non abbiano contribuito a creare questa situazione negativa in cui migliaia di persone continuano a perdere il proprio posto di lavoro.
Ricordo che le misure prese dal governo Monti erano state definite dalla Cancelliera tedesca Merkel “impressionanti”. Il problema è che lo sono state davvero, a tutto vantaggio di altre aree produttive in Europa ma a tutto svantaggio del popolo italiano che continua a perdere opportunità di lavoro.
Oggi non servono più parole e buoni propositi per uscire da questa situazione devastante. Servono fatti concreti. Senza le aziende, senza le attività commerciali, senza i piccoli artigiani, senza le aziende agricole, non c’è lavoro per il popolo e non c’è altro se non un inesorabile declino che non potrà che avere conseguenze drammatiche per la nostra società.

Perchè alcuni lavori sono stati abbandonati dal popolo italiano?

E’ una domanda che mi pongo insistentemente da molto tempo: perchè i ragazzi italiani non vogliono più fare alcuni lavori?
Purtroppo di risposte giustificabili non ne trovo, non c’è ragione logica che possa spiegare l’aver lasciato posti e posti di lavoro alla concorrenza che arriva dall’estero.
L’Italia è un paese aperto e accogliente e ovviamente ha un mercato del lavoro che è libero. E’ ovvio che ci sia concorrenza visto e considerato che ogni azienda in grado di assumere deve guardare con molta attenzione al proprio bilancio. La concorrenza però non ha portato ad abbassamenti smisurati degli stipendi, nascondersi dietro al fatto che chi arriva dall’estero accetti di guadagnare meno è un errore perchè assolutamente non veritiero (trascurando ovviamente i casi incivili perchè quelli non andrebbero tollerati).
Forse i giovani italiani non vogliono più fare la necessaria gavetta che si è sempre fatta in passato, forse non vogliono più fare i lavori faticosi e umili, forse nutrono giustamente aspettative di un certo tipo per il loro futuro, coltivano i loro sogni e vogliono un lavoro di primo piano. Purtroppo però la vita ci riserva solo alcune opzioni, alcune sfruttabili esclusivamente se disposti a sacrifici e alla dedizione al lavoro, quello che ci permette di costruirci un futuro.
Risposte fatico a darmene ma credo sia opportuno rivedere il concetto di utilità del lavoro.
Il Lavoro non è un sacrificio o uno sforzo da compiere. Lavorare non è sottrarre momenti di libertà alla nostra vita. Il Lavoro è ciò che ci permette di essere liberi e autonomi.
Temo sia soprattutto chi tutela i lavoratori e ne fa le veci ad aver smarrito il concetto di “Lavoro”.
Urge chiarirsi bene le idee perchè la concorrenza, professionale e disciplinata avanza e lascia sempre meno spazi liberi.