Category Archives: Società

Report, la pizza, la farina e il forno a legna.

Ho visto la puntata di Report in cui è andato in onda un servizio dedicato alla pizza cotta nel forno a legna. Mi ha spinto il clamore che questo servizio ha provocato e non intendo disquisire in merito al fatto se sia stato opportuno o meno. A me interessano la pizza, il forno a legna e ingredienti e materie prime. A me interessano come sempre anche le regole, fondamentali in tutto. Continue reading

La Tasi simbolo di un paese in declino che sa solo aumentare le tasse.

L’Italia è un paese in forte declino.  L’Italia si trova in questa situazione a causa di chi ha sempre e solo saputo chiedere alla popolazione e alle aziende. La Tasi è solo l’ultimo esempio di questa politica sconsiderata e presuntuosa. Una politica quella italiana fatta di persone che il più delle volte non hanno saputo ascoltare il popolo. Negli ultimi anni abbiamo sentito più volte la politica parlare di cifre, di costi e coperture di questi. Abbiamo pure rinunciato a tentare di riportare le Olimpiadi a Roma perchè : “mancava la copertura”. La “copertura” dei costi ahimè non va ricercata esclusivamente nei prelievi a contribuenti ed aziende. C’è un limite oltre al quale non si dovrebbe andare perchè si rischia di indebolire troppo famiglie e aziende. Questo limite è stato invece oltrepassato e la Tasi con il caos che la contraddistingue è il simbolo di tutto questo.

 

Evviva! Arriva l’ iPhone 6.

E’ iniziata la febbre da iPhone 6. Non si sente parlare d’altro ed è iniziata la corsa ad accaparrarsi i primi pezzi disponibili.
L’iPhone 6 avrà anche una versione plus che come prezzo si assesterà sui 1000 euro. Il modello base costerà poco più di 700 euro e quelli italiani dovrebbero essere i prezzi più alti d’Europa (ri- evviva).
In tempi di crisi sorprende questa vivacità e questa voglia d’acquisto. A stupire il sottoscritto è la grande funzionalità dei vecchi Iphone, in particolare nelle versioni 4 e 5. Posseggo un iPhone 4s e a mio avviso continua ad avere un potenziale enorme. Mi riesce difficile pensare di sostituirlo con il nuovo modello. Di recente ammetto di averci però pensato perchè il mio 4s aveva alcuni problemi con l’altoparlante. Problemino risolto rapidamente e con 50 euro presso un’Apple store che mi ha sostituito l’altoparlante.
Il mio iphone 4s ha poco più di due anni e nonostante l’uso inrtenso a cui l’ho sottoposto, funziona ancora alla perfezione. Nei mesi scorsi ho aggiornato il software alla versione Ios 7.1.2 che l’ha reso ancor più interessante e fruibile. E’ già disponibile anche la versione Ios 8 ma si sentono ancora pareri discordanti sull’ultilità di procedere anche con questo aggiornamento.
In conclusione, di ragioni per passare all’iPhone 6 ne vedo al momento poche. Non farò la fila digitale per acquistarlo. Vedo questa corsa ad accaparrarsi i primi iPhone 6 non in linea con la situazione economica del nostro paese. Ok i feticci… e lo smartphone si sa, oggi è probabilmente il più inseguito. Un po’ di concretezza in più non guasterebbe. Ci sono molti aspetti della nostra vita che meriterebbero più attenzione e un maggior investimento economico.
Oggi invece, mi sembra si tenda a mettere tutto in secondo piano rispetto a questi ormai indispensabili strumenti di comunicazione.
Tra le osservazioni più frequenti che mi sono state fatte negli ultimi tempi c’è l’eccessivo uso dell’iPhone.
E’ vero, lo utilizzo parecchio anche se preferisco di gran lunga la vita reale ed il contatto diretto con le persone.
Grazie ad Apple per questi strumenti fantastici e utilissimi ma l’iPhon 6 può attendere.

Per salvare lo stato ha senso far fallire le aziende?

E’ una domanda che mi pongo da anni e con assoluta certezza rispondo NO! Senza le aziende non c’è lavoro e senza lavoro non c’è sostentamento per il popolo.
Senza lavoro c’è solo miseria.

Questa domanda ha molta più logica di quanto possa sembrare, perchè chi in Italia ha deciso negli ultimi anni, l’ha fatto con la consapevolezza che alcune aziende non avrebbero retto alle misure adottate ed avrebbero chiuso.
Liberiamoci dall’idea che la chiusura di migliaia di attività sia stato esclusivamente un’effetto imprevisto determinato dalla crisi, dal crollo dei consumi e dalla sfortuna.
La chiusura di migliaia di attività è un prezzo che la nostra politica ha scelto di pagare nell’intento di salvare così lo stato.
Chi ha deciso era consapevole delle conseguenze; nei fatti e anche a parole (che ho sentito con le mie orecchie).

Ha ancora senso per un’azienda mantenere la produzione in Italia?

Lo spunto per questa riflessione mi viene dato dall’annucio di chiusura dell’impianto Alcoa di Portovesme in Sardegna. Alcoa è un’azienda americana e a Portovesme sostiene di avere un costo di produzione dell’alluminio che non è più competitivo e quindi sostenibile.
Il problema quindi è sempre lo stesso, i costi di produzione che uniti alla burocrazia e a tutta quella serie di difficoltà che le imprese incontrano per produrre in Italia creano un mix assurdo che sta facendo scappare tutte le aziende.
E’ lecito chiedersi se esista anche una sola ragione che possa spingere un’azienda a mantenere la produzione in Italia. E’ legittimo inoltre chiedersi se le misure adottate dagli ultimi governi non abbiano contribuito a creare questa situazione negativa in cui migliaia di persone continuano a perdere il proprio posto di lavoro.
Ricordo che le misure prese dal governo Monti erano state definite dalla Cancelliera tedesca Merkel “impressionanti”. Il problema è che lo sono state davvero, a tutto vantaggio di altre aree produttive in Europa ma a tutto svantaggio del popolo italiano che continua a perdere opportunità di lavoro.
Oggi non servono più parole e buoni propositi per uscire da questa situazione devastante. Servono fatti concreti. Senza le aziende, senza le attività commerciali, senza i piccoli artigiani, senza le aziende agricole, non c’è lavoro per il popolo e non c’è altro se non un inesorabile declino che non potrà che avere conseguenze drammatiche per la nostra società.

L’albero Italia non è stato potato ma capitozzato.

Con la fine del Governo Monti si è chiusa una delle parentesi più tristi della politica italiana.
Negli ultimi 7 anni al governo si sono alternati sinistra – destra e tecnici. Tutte le strade sono state praticamente percorse ma con scarsi risultati. Nessuno, ne politici ne tecnici sono riusciti a mettere in pratica ciò che a parole avevano promesso. L’Italia continua pertanto ad avere i propri problemi, aggravati da una crisi d’identità dell’Unione Europea che sembra essere totalmente priva di quello spirito comune che cancellerebbe all’istante qualsiasi tentativo di speculazione finanziaria.
Il rischio concreto è che l’Europa resti solo un sogno. Le misure adottate nell’ultimo anno nel segno dell’unione europea rischiano di essere ricordate come inutili e fortemente dannose. Queste misure non hanno curato il problema, l’hanno semplicemente lenito. Il prezzo pagato dalle aziende italiane è stato però molto pesante in termini di competitività.
Ricordo alcuni leader europei che definivano “impressionanti” le misure adottate dall’ultimo governo.
L’albero Italia non è stato potato ma capitozzato, serviranno molti anni affinchè torni a fruttificare.

La piccola proprietà.

La piccola proprietà costituisce le fondamenta di uno stato. Maggiore è il numero di piccoli proprietari e più la Nazione è stabile, forte e insensibile alla speculazione finanziaria.

Equità sociale.

L’avvento del nuovo Governo Monti ha portato una ventata di ottimismo che non può che dare serenità. Dovrebbe essere sempre così ma purtroppo soprattutto dopo le varie consultazioni elettorali in Italia prende sempre il sopravvento la polemica ed il contrasto politico, spesso livoroso.
In questi giorni si parla molto di equità sociale e mi fa molto piacere. Sostengo da sempre la necessità di ricercare attraverso la politica il raggiungimento di una condizione di equilibrio sociale che consenta a tutti di sentirsi parte del sistema e non appendice marginale e inutile.
Una società satura di disparità sociali in cui tanti hanno troppo e altrettanti hanno troppo poco non può reggere, soprattutto in momenti di grande crisi.
Rendere equa una società non significa però togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno. Certo, chi ha di più deve contribuire di più al sostentamento dello Stato ma non si può ridurre il tutto ad un dare e ricevere.
L’equità sociale si raggiunge esclusivamente dando a tutti la possibilità di crescere e di ottenere sul campo, sul lavoro risultati soddisfacenti, sia dal punto di vista economico che personale. Non è tanto l’avere che rende felici perchè con i feticci di questo tempo, più hai e più vorresti. Il possedere tutto ciò che si vorrebbe non sarà inoltre mai e poi mai sinonimo di felicità.
La vita è fatta su misura per chi si sa accontentare, per chi sa quotidianamente apprezzare la bellezza delle persone ha accanto e sa condividere con gioia quello che c’è e non rimpiangere quello che non c’è.
La crisi che stiamo vivendo e che sta sempre più stringendo la sua morsa avrà sicuramente un valore sociale perchè ci aiuterà ad apprezzare ciò che abbiamo che solo apparentemente può sembrare poco.
Detto questo, le persone devono avere la possibilità di crescere, di produrre, di inventarsi nuove aziende, nuove attività. Tutti devono avere la possibilità di creare e di investire nel proprio futuro. Tutti devono poter inseguire un sogno, a patto che sia concreto.
Per arrivare a questa condizione non sono poche le barriere da abbattere, ci sono molte delle maglie di quella rete che tende a legare tutto a se che vanno interrotte. La società deve essere globalizzata ma questa non deve essere la condizione predominante.
Una società più equa è sicuramente anche più umana e meno materiale, questo è un grande sogno ma non potrà mai essere l’opera di un solo Governo per farlo avverare.

La crisi rischia di esplodere ma ci sono le vacanze. La figuraccia mondiale del Senato italiano in tempi di crisi.

In questi giorni in cui il caldo estivo è tornato a farsi sentire, ai cittadini italiani più attenti non è sfuggita l’immagine dei gioni scorsi del senato semivuoto. Solo 11 senatori a dare l’avvio alla discussione sulla manovra correttiva da 45,5 miliardi di euro.
Il parlamento non dovrebbe mai essere mai vuoto, figuriamoci in momenti come questo in cui la crisi economica che ci sta attanagliando sta per esplodere.
Come sempre l’impressione è che in Italia le ferie, le vacanze, abbiano la priorità su tutto. W l’Italia, occhi foderati e tappi nelle orecchie, siamo in vacanza e ci risveglieremo solo quando sarà terminata. Troppo comodo…
Il problema è che quest’anno l’Italia rischia di risvegliarsi dal suo assurdo mese di agosto con le ossa rotte, con una situazione economica che potrebbe essere irreversibile. Questo perchè la crisi in cui siamo caduti è potenzialmente esplosiva e non sappiamo e non riusciamo ad intuire in che tipo di baratro potrebbe portarci.
Questo non basta a riempire il Senato, non avevamo dubbi, sono in molti ad avere la pagnotta garantita, normale che non si preoccupino, c’hanno la vita da godersi. Pazienza poi se l’immagine che diamo in Europa è pessima visto che la foto del senato in tempi di crisi ha fatto il giro del mondo, le responsabilità sono sempre di altri. Leggo inoltre che alcuni senatori abbiano anche reagito male alle polemiche sulle assenze, alcuni big, parlano di polemiche ipocrite e ingiustificate ma dov’è finito il senso di responsabilità!
Dov’è finito il senso di responsabilità! Il senso di rispetto nei confronti di tutti i cittadini chiamati a fare sacrifici! Il senso dello stato e del ruolo che si occupa!
E’ questa l’Italia di oggi, forse raggiuto il baratro ci sarà un risveglio generale e si tornerà a dare il giusto valore alle cose.

L’Europa, l’Italia e la crisi economica

Ho sempre pensato che nei momenti difficili, nelle situazioni complicate, l’uomo e la società tirassero fuori il meglio di se. Penso di averne avuto conferma anche in questi giorni in cui la crisi economica ha messo a dura prova l’Italia e l’Europa.
Gli attacchi speculativi che hanno messo in difficoltà l’Italia ed erano prossimi a colpire anche la Francia, hanno costretto la BCE a ragionare e operare come la Banca Centrale di un unione di stati come quella europea dovrebbe fare.
L’acquisto di titoli di stato italiani e spagnoli da parte della BCE è un grande passo avanti verso la creazione di un’Europa forte e in grado di superare i momenti di crisi e le insidie portate dai mercati con attacchi speculativi verso gli stati più deboli.
Oggi è stato fatto un grande passo in avanti, l’Europa c’è e avrà la forza di uscire dalla crisi.